CENNI STORICI


Civita di Oricola - Brevi note storiche

A cura di Sergio Maialetti

Il sito dell'antica città di CARSIOLI o Carseoli, fu individuato per la prima volta il 12 maggio 1645, nell'attuale abitato di CIVITA, frazione del comune di Oricola, dal famoso cartografo LUKAS HOLSTENIUS ( 1592 – 1661 ). Una trentina d'anni dopo, e più precisamente nel 1680, il topografo RAFFAELLO FABRETTI (1618 – 1700 ), interessandosi allo studio del percorso degli acquedotti romani nella valle del fiume Aniene, segnalò il sito dell'antica città su una carta topografica, con il nome di : “ RUDERA CARSEOLANORUM “.In una successiva carta ( 1693 ), il ricercatore GIACOMO FILIPPO AMETI, segnala i ruderi della colonia romana con il nome : “ VESTIGIA DI CARSEOLI “. La segnalazione più importante relativa al nostro sito è senza dubbio quella che ci viene fornita dall'abate DIEGO DE REVILLAS( 1690 – 1746 ). Nella sua carta relativa al territorio della Diocesi dei Marsi ( 1735 ) il sito è indicato come : “ CARSEOLORUM RUDERA “. L'abate Revillas è stato il primo in Italia che abbia posto precise determinazioni trigonometriche alla base dei suoi lavori cartografici.

Notizie riguardanti questa poco conosciuta città, ci vengono fornite anche da alcuni scrittori latini, tra le più curiose ricordiamo quelle tramandateci dall'illustre poeta latino nativo di Sulmona, PUBLIO OVIDIO NASONE ( 43 a. C. - 17 o 18 d. C. ). In una sua opera: “I Fasti“ ( libro IV ), egli cita Carsioli, descrivendone il clima piuttosto rigido, quindi, il suo territorio non adatto alla coltivazione dell'ulivo, ma certamente più adatto alla coltivazione del grano. Descrivendo in altri versi, le verdi malve e i canditi funghi che era possibile raccogliere in queste zone; è proprio da questo autore che possiamo apprendere la storia o legenda della “volpe carseolana”. Infatti Ovidio ci racconta come ogni volpe catturata qui a Carsioli , per legge doveva essere arsa viva. Il nome di questa città appare spesso in due forme: Carseoli e Carsioli, la più comune è senza dubbio la seconda, come appare chiaramente inciso in un'epigrafe rinvenuta nella nostra zona, (1735) in contrada “ fonte di Civita “; e attualmente conservata nel parco del castello dei principi Massimo a Arsoli. Quindi, chiaramente, l'attuale abitato di Civita ricopre in parte, questa vasta area archeologica, situata lungo un altipiano, che si allunga in modo irregolare con andamento sud – nord, separando nettamente il limitrofo bosco Sesera dalla Pianura del Cavaliere, si sottolinea inoltre, che, l'intera area è sottoposta dal 1977 al vincolo di tutela archeologica . Il primo vero studio archeologico – topografico dell'intera zona fu eseguito da due studiosi stranieri: GEORGE J. PFEYFFER (1866 – 1934) e THOMAS ASHBY (1874 – 1931), i quali visitarono l'intero sito archeologico, una prima volta nel gennaio del 1901, e una seconda, nel mese di maggio del 1903. In queste due ricognizioni i due studiosi esaminarono tutti i resti visibili in superficie, descrivendo il tutto in un lungo articolo pubblicato nel 1905, corredato da un notevole apparato illustrativo e da un'accurata mappa topografica dell'intero sito. Attualmente sono pochi i resti visibili in superficie, alcuni dei quali sono attribuibili a brevi tratti murari in “opus incertum“, è da segnalare soprattutto nella zona più elevata del sito ( metri 627 s.l.m.), un notevole arco parzialmente interrato ben conservato, composto da sei blocchi in tufo di uguale dimensione, che racchiudono al centro la chiave di volta visibilmente più stretta. La prima ripresa fotografica di questo antico manufatto fu eseguita dal reverendo inglese PETER PAUL MACKEY(1851 – 1935), risalente all'anno 1896. Nella zona del versante est del presunto centro urbano, località meglio conosciuta dalle persone locali con il toponimo di: “Torre degli Asini”, si notano i resti del basamento di una poderosa struttura, probabilmente riconducibile al podio di un tempio, ricoperti in parte da un vecchio casolare, nella cui struttura muraria, si notano inseriti in vari punti, numerosi frammenti fittili, molti dei quali attribuibili a grossi tegoloni. Chiara testimonianza di un riutilizzo di materiale antico, caratteristica che accomuna tutte le vecchie costruzioni esistenti nelle nostra zona.

Resti di un acquedotto, che probabilmente riforniva di abbondante acqua la Carsioli romana, sono visibili nell'estremità ovest del bosco Sesera, questo sito è conosciuto dalle persone locali con il toponimo di “muro pertuso “; essi demarcano attualmente il confine geografico delle regioni: Lazio e Abruzzo, nonché confine comunale tra Oricola (Aq.) e Vallinfreda (Roma ). Carsioli , era una città di sicura origine equa, dopo la conquista romana, intorno al 298 a. C, venne ripopolata dagli stessi romani, con l'invio di 4000 coloni. Attraverso il suo territorio passava l'importante consolare via Valeria, della quale in contrada “Nasetta”, per moltissimi anni si è conservato il cippo miliare numero XXXXIII, nel 1993 portato nel giardino delle scuole elementari di Civita, dove resta in attesa per una migliore e definitiva sistemazione. Il testo epigrafico inciso su di esso attualmente non è leggibile; esso, comunque viene più volte segnalato da numerosi studiosi, il testo era del seguente tenore:

          XXXXIII

       IMP. NERVA

       CAESAR AV

    PONTIFEX MAX

      TRIBVNICIA

  POTESTATE COS III

    PATER PATRIAE

 FACIENDAM CVRAVIT

Durante la sanguinosa “guerra sociale”( 90 a. C. ) Carsioli subì una pesante distruzione,da parte dei popoli italici, infatti sappiamo da fonti storiche che, proprio lungo il corso del vicino fiume Turano, venne combattuta una feroce battaglia, vinta proprio dagli insorti italici. Ricostruita nuovamente dai romani, dovette assumere la condizione di “Municipium” iscritto alla “tribù Aniensis”, facente parte della “IV Regio”. Nel periodo medioevale, la città romana risulta essere ancora abitata, infatti in un documento relativo ad una investitura di Ugo e Lotario re d'Italia dell'anno 941, viene chiamata: “Sala Civitas”. In un atto di conferma dei beni di Papa Pasquale II, risalente all'anno 1115 è denominata: “ Sala Civitas quae vocatur Carseolis”. Agli inizi del 1800 l'antico sito è conosciuto semplicemente con il nome di CIVITA CARENZA, in quel periodo si segnala soltanto l'esistenza di alcuni umili casolari sparsi su tutto il territorio; mentre tutti i terreni erano adibiti a colture agricole.

Per moltissimi anni “la Civita” sembra essere stata dimenticata un po' da tutti, invece, in questi ultimi decenni, grazie soprattutto alle molteplici attività della preposta Soprintendenza Archeologica per l'Abruzzo, gli studi sono in qualche modo progrediti; infatti nelle località di “ Valle San Pietro “ e “ Piazza di Civita “ sono state eseguite alcune campagne di scavo, che hanno restituito una notevole quantità di oggetti fittili, molti dei quali attualmente si conservano nei magazzini della suddetta Soprintendenza a Chieti; si auspica che a breve essi potranno essere esposti definitivamente nelle sale di un costituendo museo locale.